IO, CLOE E IL DIVANO – Una relazione che aiuta.

Io e Cloe operiamo nell’ambito degli interventi assistiti dagli animali da diversi anni e da subito abbiamo affrontato situazioni difficili da gestire.

L’esperienza mi ha portato a conoscere le diverse patologie e le tecniche di conduzione di un cane in Pet Therapy, ma soprattutto mi ha insegnato il modo di sentire le persone, entrare in empatia con loro, comprendere il loro stato d’animo da un sguardo o da un movimento.

Tre anni fa ho conosciuto un signore con disturbo dello spettro autistico, ospite di una comunità alloggio per persone con disabilità grave e gravissima, che chiamerò con il nome di fantasia Giorgio. La responsabile del servizio mi disse che aveva pensato di coinvolgere Giorgio in un programma di interventi assistiti con gli animali, sperando che il contatto con il cane potesse indurre una condizione di rilassatezza e rappresentare una situazione in cui trovarsi a proprio agio. La sua condizione ostava ogni genere di attività che gli avessero proposto: Giorgio, infatti, era solito ricercare l’isolamento dal resto dei compagni, tentando la fuga dalla stanza, o rifugiandosi nel guardare fuori dalla finestra. Giorgio aveva una grande passione per la musica, in particolare per le canzoni di Umberto Tozzi, che usava intonare quando aveva la necessità di estraniarsi dal contesto o, al contrario, in situazioni in cui si sentiva a suo agio per esprimere la propria felicità.

Giorgio, durante il nostro primo incontro, non entrò neppure nella sala in cui svolgevamo l’attività, ma si fermò sul divano che era situato nel corridoio antistante. L’educatrice che lo accompagnava dovette procedere in maniera molto lenta e graduale al suo avvicinamento, facendo piccole variazioni alla posizione del divano, fino a dargli la possibilità di guardare dentro la stanza. C’era sempre la musica di Umberto Tozzi in sottofondo e l’educatrice disse che quello che avevamo raggiunto era un grande risultato. Facemmo così, se si può dire, la conoscenza di Giorgio o meglio lui fece la nostra conoscenza, rimanendo ad osservarci. Anche Cloe si avvicinò per salutarlo ma comprese dal distogliere lo sguardo e darle la schiena, che non era ancora il momento giusto e così si allontanò. Pensai che sarebbe stata davvero dura. Alla fine della seduta, però, quando stavamo per salutare tutti, Giorgio si alzò per dirigersi al centro della sala e passeggiò intorno al gruppo osservando i movimenti di Cloe con un espressione del viso distesa e rilassata prima di riprendere il suo posto sul divano, intonando la sua canzone preferita “Ti amo”.

Il secondo incontro fu l’inizio della nostra storia con Giorgio. La seduta cominciò con le migliori premesse, poiché lui entrò immediatamente in stanza e decise di stazionare sul divano in compagnia della sua radiolina. Inoltre, accettò la presenza di Cloe seppure, su quel divano, sembrassero due estranei che guardavano in direzioni opposte. La copertina di Cloe sembrò attirare la sua attenzione e passò il tempo a manipolarla. Quella copertina divenne il nostro tramite nei giorni che lo separavano dall’attività e la portò con se per tutti i successivi incontri. Lentamente Cloe e Giorgio su quel divano cominciarono a scambiarsi anche qualche sguardo e questo le diede la conferma di poter guadagnare qualche centimetro di vicinanza, fino a quando oso di più. Salì sul divano e si appoggiò delicatamente a lui e accadde che anche lui si appoggiò a lei.

Cloe_Pet Therapy

La strada potrebbe sembrare in discesa a questo punto, ma chi conosce l’autismo sa bene quanto fragili siano le conquiste e quanto siano legate alla stabilità del setting. Un piccolo cambiamento può causare una grande destabilizzazione. Però è proprio la terapia a richiedere che si apportino alcuni piccoli cambiamenti all’ambiente, perché l’obiettivo è proprio di ottenere quello stato di rilassatezza nell’utente nelle situazioni più generali possibili, ovviamente con la mediazione del cane. Spostare la posizione del divano fu il passo successivo, accompagnandolo nell’integrazione con il resto del gruppo, facendo attenzione a rispettare le giuste tempistiche. Il cambiamento doveva avvenire in modo quasi impercettibile, nel momento giusto affinché non si avesse una regressione e, soprattutto, non si minasse la salute psico fisica del paziente. A volte però nulla di tutto questo può prevenire una regressione e non c’è neppure una spiegazione ad un determinato comportamento seppur ci si impegni nel cercarla.

Di discese repentine e di lente risalite nella nostra storia con Giorgio ce ne sono state tante. La cosa fondamentale che ho imparato relazionandomi con lui è stato sopportare e gestire la frustrazione per l’insuccesso, rilanciando la sfida e non mollando mai. Nei mesi bui compresi il valore dell’équipe e quanto fosse fondamentale la competenza delle figure di riferimento della struttura che aveva in carico Giorgio: furono di supporto non solo per l’attività, ma anche per il mio stato d’animo e per la mia motivazione. Dovevo continuare a crederci e ad aggrapparmi ad ogni segnale, anche il più piccolo da parte di Giorgio e in quel momento l’unica guida che avevo a disposizione era l’interazione con Cloe. Per una persona come Giorgio, infatti, accettare di condividere il proprio spazio e ritrovare la serenità con lei di fianco era un segnale altamente rilevante di quanto Cloe fosse importante per lui.

Ricominciammo daccapo. Trovammo altri canali di comunicazione: il primo fu il collare di Cloe che emetteva quel tintinnìo così piacevole per lui e che ogni volta che Cloe si sedeva sul divano gli davamo in mano. Lui ci giocava un po’ e poi lo buttava per terra. Allora Cloe lo raccoglieva e glielo consegnava di nuovo in grembo. In seguito, a quel collare attaccai un piccolo campanellino così da diventare ancora più stimolante e successivamente anche un guinzaglio leggerissimo e qualche volta, dopo averlo buttato in terra era lui stesso a riprenderlo per ricominciare a farlo tintinnare. La musica non serviva più e Tozzi lo cantavamo perché si stava bene. Cominciai di nuovo a sedermi di fianco a lui, prima su una sedia senza mai guardarlo, pronta a spostarmi se avessi percepito il suo disagio e, lentamente, mi avvicinavo sempre di più fino a che mi ritrovai seduta sul divano con la piccola Cloe in mezzo a noi ad impugnare lo stesso guinzaglio che aveva in mano anche lui dal lembo opposto. Da quel momento io e lei prendemmo l’abitudine di aspettare il nostro turno di gioco nelle attività di gruppo proprio su quel divano, in quella posizione della stanza, un po’ lontano dagli altri ma in piena rilassatezza, scambiandoci ogni tanto qualche sguardo e accettando ogni suo gesto di apertura nei nostri confronti. Solo con il tempo mi resi conto che l’importanza ed il successo del nostro intervento per Giorgio era proprio quello stare di fianco l’uno all’altro semplicemente, uniti dalla presenza della piccola Cloe e da un sottile guinzaglio e mi resi conto che si poteva stare reciprocamente bene ed essere utili per qualcuno semplicemente essendoci, senza chiedersi nulla.

Un anno e mezzo fa cominciai a portare in attività il mio giovane labrador, Hocus Pocus. Un cucciolo di 6 mesi deve fare la conoscenza di un setting di Pet Therapy in maniera molto graduale e per pochi minuti alla volta con l’obiettivo che suoni, odori e particolari strumentazioni non lo turbino al punto da sdraiarsi sulla sua copertina e addormentarsi.

HocusPocus_AssContesto.JPG

Ovviamente ci eravamo chiesti nei confronti di tutti ma di Giorgio in particolare, se questo nuovo ingresso potesse essere destabilizzante, per cui nuovamente fu essenziale la consulenza della sua figura di riferimento. In questa occasione, come accadde l’anno prima, non ci fu spiegazione per il comportamento di Giorgio che, entrando in stanza e vedendo Hocus Pocus seduto, gli andò incontro e lo guardò, si fece annusare da lui, si sedette sul suo divano come se niente fosse e mi guardò allungando la mano chiedendomi come era ormai solito fare, di consegnarli il suo collarino con il campanellino e il suo guinzaglio. Fu amore a prima vista. Hocus dimostrò grande delicatezza nell’approcciarsi a Giorgio e fu ricompensato dal fatto che Gigio da subito, non solo lo accolse sul suo divano, ma che si sedesse rivolto completamente verso di noi con tutto il suo corpo. I momenti con Cloe erano sempre essenziali, ma Giorgio dimostrò di rilassarsi anche con la vicinanza di Hocus Pocus che divenne una risorsa importante nel momento in cui Cloe dovette sospendere momentaneamente attività per un problema di salute, un’evenienza da considerare quando si affronta un programma di interventi assistiti con gli animali.

Le condizioni di salute di Cloe si aggravarono e tornò in attività qualche volta, solo per salutare i suoi vecchi amici, addormentandosi su quel divano, di fianco a Giorgio, un po’ per stanchezza e un po’ perché anche per lei quello rappresentava il posto della felicità.

A distanza di 3 anni dal nostro primo incontro, Cloe ha dovuto lasciare definitivamente l’attività e non può più addormentarsi di fianco Giorgio, ma sa che nel solco che ha lasciato sul divano oggi può sdraiarsi comodamente Hocus Pocus e che Giorgio è in buone zampe.

Ylenia Sara Sanfilippo.